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Pubblicità PLIO: la posizione sui brevetti software Ultime News
Notizia pubblicata in data: 16.06.2005
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(PLIO) 16 giugno 2005 – Il Progetto Linguistico Italiano OpenOffice.org (PLIO) esprime la sua forte preoccupazione in merito ai contenuti del dibattito Europeo sui brevetti software, che nel prossimo mese di luglio potrebbe veder approvata la Direttiva Europea denominata CII (Computer-Implemented Inventions) nella sua versione peggiore – approvata dalla Commissione Europea il 7 maggio 2004 – in aperto contrasto con gli emendamenti approvati dal Parlamento in prima lettura.

La direttiva CII, nella forma attuale, costituisce un rischio enorme per l'industria europea del software, poiché sommandosi al copyright (diritto d'autore), strumento da sempre utilizzato per la tutela degli investimenti e della "proprietà intellettuale" di chi produce software, espone autori indipendenti, imprese e utenti al continuo rischio di cause per azioni legali. Infatti, mentre la tutela del copyright prevede il rispetto di quanto espresso nella licenza di un software, e quindi l'eventuale plagio o copia del software stesso si configura come un atto malevolo intenzionale, nel caso del mancato rispetto di uno o più brevetti la situazione è molto diversa, dato che – per l'assenza di strumenti di ricerca efficaci per "navigare" il registro dei brevetti – il rischio di confusione è molto più alto, tanto che negli Stati Uniti, dove purtroppo il brevetto ha una storia ultradecennale, si parla addirittura di "campo minato".

La direttiva, di fatto, porterebbe a concedere il monopolio sullo sfruttamento delle idee, né più né meno come accadrebbe se venissero brevettati il giro armonico o il romanzo: addio musica, addio letteratura.

L'estensione della brevettabilità al software mira quindi a innalzare artificialmente le barriere di ingresso al settore ICT. In futuro, infatti, la scrittura del software non potrà più essere considerata solamente un'attività creativa, ma richiederà un lungo processo preventivo per verificare se le idee che si vogliono utilizzare per scrivere un programma (e potrebbero essere migliaia anche per il programma più semplice) violino o meno la "proprietà privata" di qualcun altro che quelle idee ha pensato – e potuto, visti i costi – brevettare. Idee che nella maggior parte dei casi sono assolutamente banali.

Occorre ricordare che fino a oggi la protezione del software attraverso il copyright ha permesso di mantenere delle basse barriere all'ingresso, e ha consentito a PMI e a singoli di accedere al mercato senza necessariamente disporre di ingenti capitali. Con il tipo di brevettabilità proposta dalla commissione, lo sviluppo del software si trasformerebbe in un business per pochi, come testimoniano le tristi esperienze statunitensi, su cui la stessa Federal Trade Commission ha espresso dubbi e perplessità.

Vista l'immaterialità del software e il numero spropositato di brevetti, soprattutto banali, concessi dai patent office, il violare un brevetto, anche senza intenzione, diventa per un programmatore una cosa praticamente inevitabile e quindi molto rischiosa. In USA, infatti, i costi giudiziari per una causa di violazione brevettuale, anche se non si è colpevoli, si aggirano fra i 500.000 e i 4.000.000 di dollari per singolo brevetto (e qualsiasi programma di una certa complessità può facilmente venire accusato di violarne decine). Questo spiega perché le PMI, in caso di contenzioso, anche solo per il rischio di aver per violato brevetti banali o relativi ad algoritmi e metodi di cui esistono realizzazioni precedenti alla data di accettazione del brevetto (la cosiddetta "prior art"), preferiscono pagare le royalties richieste senza affrontare il contenzioso o, nei casi in cui il detentore del brevetto non voglia risolvere la questione sul piano economico, interrompere l'uso del componente software oggetto del contendere.

I brevetti software, quindi, sono un danno per chiunque, perché riducono – o nei casi peggiori annullano – la possibilità di mettere sul mercato prodotti dotati di funzionalità già coperte dai brevetti stessi. Inoltre, se consideriamo la quantità di brevetti esistenti (più di 30.000 registrati solo in Europa, in barba alla legge), la loro genericità e la mancanza di strumenti efficaci per appurarne l'esistenza, la direttiva obbligherà a eliminare delle funzionalità da prodotti già in commercio:
- PostgreSql, il famoso DMS Open Source, dovrà adottare un sistema di caching meno performante in tutte le nuove versioni, per evitare il rischio di infrangere un brevetto attualmente "pending" (ovvero, ancora in attesa di registrazione da parte dell'ufficio brevetti statunitense);
- Microsoft dovrà eliminare dai sistemi operativi una nuova funzionalità di comunicazione che rende più veloci le comunicazioni via rete;
- L'adozione della quanto mai necessaria nuova versione del protocollo Internet IPv6 potrebbe essere rallentata dalla scoperta di un brevetto di Microsoft che riguarda una parte importante del protocollo stesso;

Se la piccola e pressoché sconosciuta Eolas dovesse vincere la causa intentata contro Microsoft per un banale meccanismo contenuto nei programmi per la navigazione Web, meccanismo che Eolas non ha certamente inventato ma ha furbescamente brevettato, l'intero universo del Web ne subirebbe delle gravi conseguenze.

Anche il multimediale e la telefonia Internet (VoIP) sono dei veri e propri campi minati dal punto di vista brevettuale (e si tratta di brevetti sempre molto astratti e dalle rivendicazioni sproporzionatamente ampie, poiché sono stati depositati con il preciso scopo non già di difendere l'innovazione ma di intralciarla, intercettando ricchezza).

Per concludere, il brevetto esteso ai formati, come nel caso dell'XML Microsoft, creerebbe una discriminazione tale per cui l'utente che deve accedere alle proprie informazioni – contenute in un formato proprietario – potrebbe vedersi costretto a pagare una royalty anche se volesse usare programmi alternativi. E questo, per la pubblica amministrazione, costituirebbe un fardello spropositato per la gestione di informazioni che, nella realtà, sono di proprietà dei cittadini stessi.





PLIO, Progetto Linguistico Italiano OpenOffice.org: Vola e fai volare con i gabbiani di OpenOffice.org: usalo, copialo e regalalo, è legale!



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